A sgretolarsi è il lato occidentale, ancora integro nell’estate del 2019. Le terme in questione si trovano in località Asinello e San Cristoforo. Secondo la Carta archeologica d’Italia di Gamurrini, Cozza e Pasqui del 1881, la zona si collocherebbe lungo l’antico tracciato della Cassia vetus, oggi strada della Dogana o strada provinciale Sp 15. A crollare è una parte di quello che dovrebbe essere un ottagono in pietra calcarea bianca che somiglia molto al “bagno rotondo” dei libri di medicina del XVI e XVII secolo che fanno riferimento alle acque termali viterbesi.
La causa del crollo è ignota, ma se continua così, delle terme care anche Niccolò V, papa nel XV secolo, resterà ben poco. Probabilmente solo un pallido ricordo. A meno che non venga fatto rispettare il vincolo di notevole interesse pubblico, culturale e paesaggistico, adottato nell’agosto 2019, che pare non vi sia mai stato, con contestuale consolidamento statico della struttura.
Nei pressi del rudere ci sono però due pozze d’acqua calda corrente. Piccole e infrattate. E non sembrerebbero antiche. Sempre lì vicino, a pochi metri dal crollo, ci sono anche altri massi sparpagliati. Ad occhio somiglierebbero a pietre che un tempo potrebbero aver fatto parte di una strada romana. Sembrerebbero infatti basoli, tirati via a forza dalla terra. Su uno di essi il segno di quello che potrebbe identificarsi con il dente del braccio di una ruspa che serve a scavare a fondo il terreno.
Nelle campagne viterbesi passava infatti la Cassia vetus, II secolo a.C., descritta dagli archeologi dell’ottocento e ricalcata nelle mappe del XVII secolo come strada di collegamento diretto tra Vetralla, Montefiascone e il confine con il Granducato di Toscana.
Viterbo – Castel d’Asso – Le terme dell’asinello prima del crollo
“Nel 1448 – spiega l’avvocato Pierluigi Congedo, professore alla Luiss di Roma e vice presidente di Italia nostra – la madre del futuro papa Niccolò V, la regina Andreola Parentucelli di Sarzana, con la sorella dello stesso, Caterina, e il marito, governatore del cassero di Spoleto fruirono delle acque termali delle Bussete, delle terme del re Pipino e dell’Asinello. Sei anni dopo questa visita, nel 1454, eletto papa, Niccolò V fu a Viterbo e fruì delle terme della Grotta nel sottosuolo delle Terme dei Papi odierne, insieme al bagno della Crociata o dei Crociati, entrambe citate già negli statuti cittadini del XIII secolo come perfettamente e liberamente accessibili”.
Viterbo – Il vice presidente di Italia Nostra Pierluigi Congedo
“Come noto – continua Congedo – visto lo stato di abbandono delle antiche terme, già citate nel IX secolo nel Regesto di Farfa con il riferimento all’Aqua Bibula, il papa incarica il celebre architetto toscano Bernando Rossellino, lo stesso della pianificazione di Pienza, di costruire un edificio sulle terme della Grotta e della Crociata, descritto nel dettaglio ancora una volta dal cronista viterbese Niccolò della Tuccia e costato alla Camera Apostolica 3 mila ducati d’oro, pari a circa 4 kg e mezzo d’oro puro. Nello stesso frangente (1466) Niccolò della Tuccia riferisce che ‘[a]nco nel detto anno fu fatta una bella copertura al bagno del re Pipino, e sopra l’entrata di detto bagno fu posta l’arme del cardinale greco chiamato il cardinal Niceno'”.
Viterbo – Castel d’Asso – Le terme dell’asinello
“Questo riferimento – prosegue Congedo – è importante perché ci permette di identificare la ‘bella copertura’ molto probabilmente con il rudere di edificio ottagonale crollato in località Asinello a pochi metri da altre sorgenti termali che sembrano corrispondere con le terme di re Pipino e della Regina secondo la dettagliata descrizione che ne offre il sacerdote Semeria nel suo meraviglioso manoscritto del 1812 custodito presso la biblioteca degli Ardenti di Viterbo e ancora oggi non pubblicato. E’ oltretutto importante perché il ‘cardinal Niceno’ frequentatore dei bagni termali viterbesi era il cardinale Bessarione, patriarca di Costantinopoli, diplomatico di primaria grandezza nel cercare di riavvicinare la chiesa cattolica con quella greca ortodossa (1403-1472). Infatti lo stesso Niccolò della Tuccia poco oltre riferisce che ‘Anno domini 1467 venne alli bagni di Viterbo il cardinale Niceno nel mese di maggio, e stette nel palazzo del papa fino l’entrata di luglio: poi si partì e andiede a Roma’”.
Viterbo – Castel d’Asso – La zona delle terme dell’asinello
Nella stessa zona della terme dell’asinello ci sono anche altre costruzioni. Ad esempio il Bagno dello Stoppione che si trova su un poggio al di là del torrente Freddano nei pressi delle Fornaci (1476). E’ il primo bagno termale con acqua a caduta a doccia, in uno dei ruderi che ancora esistono vicino alla vasca rettangolare sulla collina, anche questo, insieme al bagno dell’asinello, citato in numerosi trattati e sonetti. Da mastro Girolamo a tutto il settecento. “Non lontano – sottolinea Congedo – c’è anche una probabile chiesa medievale, su resti di una possibile terma o costruzione romana, oggi in rovina. Forse la chiesa da cui deriva il toponimo di San Cristoforo dell’intera area. Il tutto su un diverticolo di possibile collegamento della Cassia vetus con la Cassia nova che transita lì vicino su ponte San Nicolao, databile l’epoca di Vespasiano Augusto, e ponte Camillario”.
Viterbo – Castel d’Asso – La zona delle terme dell’asinello
“Secondo Cesare Pinzi – aggiunge Congedo – fu il Sacco di Roma del 1527 ad infliggere un colpo terribile sulle terme del viterbese. Sembra infatti che risalga a quel periodo la distruzione di quel che restava degli avanzi di terme romane. Per esempio le terme del Naviso (o dell’Abisso, presso l’odierno Bagnaccio), allora di proprietà dei Canonici del Duomo, e le terme del Sipontino nei pressi del Bullicame. Entrambe incendiate e rase al suolo”.
Viterbo – Castel d’Asso – La zona delle terme dell’asinello
Interessanti infine i passaggi di proprietà che hanno caratterizzato il terreno che ruota attorno alle terme dell’asinello, circa un centinaio di ettari. Basta leggere le visure catastali che riguardano la zona.
Viterbo – Castel d’Asso – La zona delle terme dell’asinello
Tutta quest’area apparteneva inizialmente ai Capotondi Calabresi, famiglia arrivata a Viterbo dal XIV secolo che, negli anni ’30, lascia la nuda proprietà all’Ospedale grande degli infermi, nominando usufruttuario Renato, nato dal matrimonio della vedova Capotondi Calabresi con il pittore Pietro Vanni.
I terreni, con atto pubblico del 30 settembre 1980, sono trasferiti poi al comune di Viterbo, comprese le terme dell’Asinello, le terme di Re Pipino restaurate dal Bessarione, le terme della Regina, dello Stoppione, un casale-torre medievale e un altro casale sulla cima della collina.
Viterbo – Castel d’Asso – La zona delle terme dell’asinello
Nel marzo 2001 l’intera area viene acquisita dalla Asl, tramite decreto della regione Lazio ai sensi della legge regionale 18 del 1994. La proprietà del terreno viene così divisa tra le Asl di Roma (più del 50%), Viterbo (5%) e Latina (un decimo). Tre piccole quote vengono ripartite anche tra le Asl di Rieti, Tivoli e Albano Laziale, in misura doppia alla percentuale destinata alla Asl viterbese, nonostante il bene collettivo dell’acqua termale fosse da sempre al servizio della popolazione viterbese.
Viterbo – Castel d’Asso – La zona delle terme dell’asinello
La Asl è un’azienda dotata di personalità giuridica pubblica. I beni in dotazione alla Asl possono quindi ancora considerarsi demaniali. Ma con il decreto Tremonti del luglio 2001 si avviano i processi di sdemanializzazione e di cartolarizzazione dei beni pubblici . Così il 25 febbraio 2005, gli ettari della ASL in contrada Asinello e San Cristoforo passano ad una società agricola che a sua volta rivende il terreno in due fasi successive e a due persone diverse. Due privati, e due distinte proprietà. La prima parte viene ceduta appena due mesi dopo l’acquisto da parte della società agricola. Il 26 aprile 2005. La seconda dieci anni dopo, il 16 novembre 2015.
Infine tre domande, rivolte al Mibact e alla soprintendenza.
La prima. Il ministero per i beni culturali ha mai esercitato la prelazione su ruderi viterbesi contenenti strutture romane e su sorgenti termali già sfruttate in epoca romana, medievale e rinascimentale?
La seconda. Questi beni, sono vincolati come beni monumentali della città?
La terza. E’ normale che fonti idriche terapeutiche, come quelle sparse per le campagne viterbesi siano di fatto nella disponibilità di privati nonostante sia ampiamente documentato l’uso da parte della popolazione viterbese da almeno ottocento anni? Non scatterebbe in tal caso la legge Rodotà 168 del 2017 sui beni comuni?
Daniele Camilli
Fotogallery: Il crollo delle terme dell’asinello
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