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30 aprile 2020

COMUNICATO STAMPA del 23.04.2020 - I Vincoli della Soprintendenza: Un’opportunità per lo sviluppo di una vera ricchezza per il Territorio


Sezione di Viterbo-Tuscia Viterbese





I Vincoli della Soprintendenza: Un’opportunità per lo sviluppo di una vera ricchezza per il Territorio.

Comunicato stampa di Italia Nostra Sez. di Viterbo (Tuscia Viterbese) del 23.04.2020.



Italia Nostra, sezione di Viterbo, apprende da un articolo del Corriere di Viterbo del 15 aprile scorso che anche il Comune di Viterbo ha aderito al ricorso al TAR avverso il decreto ministeriale relativo alla dichiarazione di notevole interesse pubblico del MIBACT.
L’area interessata è quella che da Porta Faul e dalla Cassia Sud si estende fino all’area delle Masse di San Sisto e del Bullicame. Il ricorso era già stato presentato dall’ANCE, dalla Free Time e dall’Università della Tuscia.

Perché tanta avversione da parte del Comune, degli imprenditori, e dell’Università nei confronti della “dichiarazione di notevole interesse pubblico” che ha lo scopo di inquadrare l’area storico-paesaggistica entro la quale promuovere il futuro sviluppo urbano ed extraurbano di Viterbo? Sviluppo sì, ma in un quadro di regole condivise che rispettino la realtà paesaggistica e storico-culturale del territorio e che rappresenta la sua vera ricchezza attuale da preservare. Al contrario nell’articolo del Corriere di Viterbo del 15 aprile 2020 si legge: “Secondo i costruttori viterbesi e anche secondo il Comune si tratta (di) un'ipoteca pesantissima non solo sullo sviluppo termale, ma anche su quello edilizio in una città dove, che piaccia o no, il cemento ha rappresentato negli ultimi decenni il principale volano economico.”


Italia Nostra osserva quindi quanto segue:

1. Oggi è auspicabile che lo sviluppo della Tuscia non sia impostato sull’erosione della bellezza naturale, storico-paesaggistica e rurale. Se negli anni passati si è puntato sullo sprawl urbano (sviluppo disordinato di abitazioni e capannoni agricoli e industriali senza soluzione di continuità), questo non vuol dire che ancora oggi questa sia la strada migliore per i cittadini: la crescita economica ed umana deve essere, in primis, sostenibile per un territorio particolarmente fragile. Dall’altro, si è visto che altre parti d’Italia e d’Europa hanno addirittura raddoppiato il proprio valore commerciale grazie alla preservazione del territorio.

2. Viterbo, con la sua ricca storia papale, poteva essere valorizzata come la provenzale Avignone, sua gemella nel periodo medievale, e diventare il punto focale di uno sviluppo turistico sostenibile (slow tourism) e non di turismo ”mordi e fuggi”. Basti prendere a modello le altre province limitrofe: Grosseto con il promontorio dell’Argentario; Siena con il Chianti; Terni con le aree di fama mondiale di Todi e Orvieto.

3. Proprio in virtù della sua bellezza ed unicità, la Tuscia viterbese è stata immortalata da grandi registi italiani come Pasolini, Fellini, Risi e Comencini ed è stata per secoli l’ultima tappa del Gran Tour o della Via Francigena nell’itinerario dall’Europa verso Roma. Perché il Comune di Viterbo non ha promosso l’idea di far dichiarare quest’area “patrimonio dell’UNESCO”, preservando così il centro storico di Viterbo, il palazzo Farnese di Caprarola, il palazzo Papaqua di Soriano, la necropoli di Norchia, il santuario della Madonna della Quercia, i borghi di Vitorchiano, Bagnaia e Bomarzo, e tanti altri siti e monumenti oggi alla mercé di possibili interventi urbanistici che potrebbero compromettere una eventuale candidatura?

4. Nell'area coperta dalla dichiarazione di pubblico interesse del MIBACT strutture di grande suggestione non mancano e sarebbero sufficienti per ospitare il turismo termale che deve essere necessariamente regolato e calibrato anche considerando la reale capacità delle acque termali. Se ci fosse la necessità di aumentare le capacità ricettive lo si potrebbe fare recuperando edifici anche storici in rovina, o costruendone di nuovi rispettosi del paesaggio e storia circostanti. Al tempo stesso perché le vestigia romane dell'area che va dalle Masse di San Sisto/Paliano fino alle terme del Bagnaccio e oltre, passando per l’area delle terme dei Papi e del Bullicame, finora non sono state riportate alla luce, valorizzate con illuminazione ad hoc, rese accessibili alla visita dei turisti ed evidenziate adeguatamente con pannelli didattici?

5. Al tempo stesso si rileva che il reticolo viario che collegava Roma con l’Etruria settentrionale e l’Europa con le vie Clodia, Cassia Vetus e Cassia Nova, è stato fino ad oggi ignorato, sommerso dalla terra o addirittura in parte rimosso e cancellato, nonostante esso coincida in parte con l’itinerario della Francigena, valorizzato in Francia e Spagna e a sud di Roma fino a Monte Sant’Angelo e Brindisi. Sarebbe auspicabile promuovere un progetto di “Strada delle Terme” o percorso termale, ristrutturando e salvando i numerosi casali e manufatti antichi presenti, apportando cosi ricchezza al territorio. Le vie antiche sono documentate e provate da mappe, da archeologi italiani e stranieri, dalla testimonianza della Carta Archeologica d’Italia (1881-1897) di Gamurrini, Cozza e Pasqui, dai rilievi aerei dell’ultima guerra e dall’emersione anche recente di parti di basolato splendidamente conservate. Resti di un grande passato che attendevano la dichiarazione di pubblico interesse, merito non del Comune ma dei dirigenti e funzionari del MIBACT. Tale dichiarazione MIBACT permette oggi di censire, inquadrare, per poi preservare e valorizzare tutte queste tracce che rischiano altrimenti la sparizione, come avvenuto in questi ultimi decenni. Perché allora il Comune di concerto con il Ministero dei Beni Culturali, anziché impugnare il vincolo, non valuta invece la possibilità di istituire il “Parco archeologico della Cassia Antica e della Francigena” (simile al Parco dell'Appia antica)? Italia Nostra, sezione di Viterbo, ha intenzione di presentare un progetto di sviluppo in tal senso che possa coinvolgere lo stesso MIBACT, la Regione Lazio, il Comune di Viterbo con i suoi cittadini e imprenditori.

6. Infine, una considerazione di ordine più generale in relazione al concetto di “beni comuni”, concetto giuridico che ha già preso piede persino in Paesi neoliberisti come gli Stati Uniti ed è ora stato introdotto anche in Italia, sulla base della recente legge n. 168/2017 sui domini collettivi. Il paesaggio e, in esso, le risorse o fonti idriche fruite dalla popolazione da tempo immemorabile (documenti dell’Archivio storico del Comune attestano la fruizione gratuita e incondizionata da parte della popolazione e dei forestieri delle acque termali viterbesi da almeno un millennio), sono a tutti gli effetti un esempio chiarissimo di risorse collettive prima ancora che beni concessi in fruizione ai singoli in base a meri rapporti di tipo concessorio. Recenti sentenze della Corte Costituzionale vanno proprio in questa direzione.


Perché il Comune di Viterbo impugna un vincolo nel cui ambito si inquadra anche la preservazione e tutela della fruizione dell’acqua termale da parte di tutti i cittadini il cui accesso deve essere favorito e non ostacolato da nuove costruzioni “hollywoodiane”? In altre parole, Il Comune dovrebbe collaborare con chi cerca di valorizzare il territorio preservandone il suo valore intrinseco rispettando storia e natura. Altrimenti viene lecito chiedersi: da che parte sta?



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24 aprile 2020

Lettera-Appello: Dopo la tempesta

23-04-2020

Dopo la tempesta

DI: 
La gravità della situazione cui la pandemia ha ridotto il sistema che ruota attorno al patrimonio culturale diventa ogni giorno più evidente: gli effetti del tracollo rischiano di travolgere moltissime realtà a partire da quelle più fragili e restituirci quindi un contesto immiserito, perché più povero di saperi e competenze.
La ripresa e la rapidità con cui questa potrà avvenire dipendono in buona parte dalle risorse che lo Stato potrà mettere in campo. Ma non solo: a fronte di aiuti che potranno essere elargiti occorre che la mano pubblica, e, nello specifico il Ministero, assuma il ruolo di guida politica e culturale a tutti gli effetti, e rioccupi gli ambiti di competenze che gradualmente sono state esternalizzate, sottraendole alle professionalità specialistiche che costituiscono la specificità di questo dicastero.
Si tratta insomma di cogliere l’occasione per una riorganizzazione del sistema che miri a correggere le distorsioni accumulate negli ultimi decenni. Occorre correggere l’asimmetria consolidatasi nel tempo tra poche realtà che hanno goduto di una situazione di indubbio favore in termini economici, in pratica un oligopolio che, per di più, non ha saputo approfittare di questo vantaggio in termini di innovazione manageriale o culturale e il numero elevato di lavoratori professionisti spesso iperspecializzati che, riuniti in piccole forme associative o come singoli costituiscono ora un esercito di precari affidati ad un mercato caratterizzato da grande incertezza, scarsa programmazione e scarse tutele, ridotto in una crisi senza prospettive dalla situazione che si è determinata.
Le Associazioni che promuovono questa lettera-appello chiedono quindi che le risorse straordinarie che saranno auspicabilmente messe a disposizione in questo ambito siano utilizzate sulla base di un preciso progetto che tenga conto in egual misura della tutela del patrimonio e dei lavoratori. Non è più tempo di finanziamenti a pioggia e le risorse che vi saranno – inevitabilmente inferiori rispetto alle enormi necessità che si profilano – dovranno essere utilizzate secondo strategie e gerarchie esplicite, che stabiliscano priorità e modalità e assieme garantiscano un equo riconoscimento a chi lavora nel settore, spesso con ruoli di grande responsabilità, spostando finalmente l’attenzione – sinora concentrata ossessivamente su “grandi progetti” e “grandi attrattori” – su territorio e patrimonio diffuso.
A tal fine le Associazioni firmatarie si dichiarano pronte fin da adesso a fornire il proprio supporto in termini di esperienze e competenze affinché questa opportunità – imperdibile – sia colta a vantaggio sia del nostro patrimonio culturale che della qualità di vita di chi ci lavora e, quindi, dell’intera collettività.
Italia Nostra
Emergenza Cultura
Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli
Comitato della Bellezza
Consulta Universitaria Nazionale per la Storia dell’Arte
Consulta Universitaria di Topografia Antica


Fonte: 

23 aprile 2020

40 associazioni protestano contro il TG1: sostenere di manutenere un bosco è un'assurdità!

22-04-2020

40 associazioni protestano contro il TG1: sostenere di manutenere un bosco è un'assurdità!

DI: 





Le foreste non si toccano! Oltre quaranta associazioni protestano per un approfondimento TG1 sulla selvicoltura. In un lungo contributo la rete associativa ha esposto precisazioni in merito alle dichiarazioni riprese nel servizio giornalistico andato in onda il 14 aprile scorso. 

Le associazioni promotrici GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, ISDE Italia – Medici per l’ambiente, Italia Nostra Abruzzo, Italia Nostra Friuli Venezia Giulia, Italia Nostra Lazio, Italia Nostra Marche, Italia Nostra Toscana, Italia Nostra Veneto, ALTURA – Associazione per la Tutela degli Uccelli Rapaci e dei loro Ambienti, insieme alle altre associazioni firmatarie, manifestano sconcerto per le affermazioni antiscientifiche alle quali il servizio pubblico RAI ha dato spazio nel servizio andato in onda il 14 aprile sul TG1, in cui alcuni operatori addetti al taglio boschivo (quindi non scienziati) hanno fatto una serie di affermazioni false, sostenendo che per la salute dei boschi sia indispensabile una manutenzione costante. Addirittura viene sostenuto che il bosco avrebbe bisogno, per rimanere in salute, dell’intervento regolare dell’uomo che tagli gli alberi più vecchi per lasciare posto ai giovani, lasciando intendere che un bosco dove non si tagliano alberi non sarebbe in grado di rigenerarsi e finirebbe per morire. Nel servizio si lamenta che i nostri boschi, a causa della quarantena, sarebbero rimasti senza “manutenzione” per un mese, affermando che il bosco non sia diverso da un “campo ordinario” e vada quindi “coltivato”.
Le associazioni ricordano che le prime foreste sono comparse sul nostro pianeta circa 350-400 milioni di anni fa. L’essere umano (inteso come Homo sapiens) vive sulla Terra da poco più di 200mila anni. È quindi lapalissiano che le foreste si siano evolute e siano sopravvissute per centinaia di milioni di anni senza alcun intervento da parte dell’uomo, e hanno invece prosperato e coperto gran parte delle terre emerse. Chiunque abbia avuto l’ormai raro privilegio di camminare in una foresta vetusta, antica e poco disturbata dalla mano dell’uomo, capisce intuitivamente quanto sia arrogante e antropocentrico pensare che ecosistemi così complessi e ricchi di biodiversità, frutto di milioni di anni d’evoluzione, possano avere bisogno dell’intervento costante dell’ultima specie arrivata per prosperare.
Il bosco è un ecosistema, e come tutti gli ecosistemi è autosufficiente e attraverso complesse relazioni tra piante, animali, funghi e batteri che vivono al suo interno crea un equilibrio perfetto dove ogni suo abitante trova riparo, nutrimento e ciò che occorre alla sopravvivenza della sua specie. L’uomo non fa eccezione: anche noi abbiamo bisogno del bosco per trarne ciò che ci serve per vivere. La differenza sta nel fatto che l’uomo non si ferma dopo aver prelevato il necessario: supportato dalla tecnologia e spinto da interessi economici ha un potenziale distruttivo sconosciuto alle altre specie e può alterare l’equilibrio di un ecosistema, anche fino alla sua scomparsa.
In un momento in cui l’opinione pubblica – per merito del costante lavoro degli scienziati e della voce dei nostri giovani che si alza dalle piazze – comincia a prendere coscienza dell’impatto umano sul pianeta, è grave che il servizio pubblico televisivo dia spazio solo a chi i boschi li taglia per profitto: il conflitto di interesse è evidente. Se è vero che l’uomo ha bisogno di prelevare del legname per le sue necessità, questo dimostra solo che siamo noi a essere dipendenti dalle foreste, e non certo il contrario: una dipendenza di cui dobbiamo tenere conto nel momento in cui decidiamo quanto e cosa tagliare. Le foreste, oltre a costituire la nostra migliore arma nella lotta al cambiamento climatico, sono fondamentali per la salute umana. Come ricorda il WWF in un comunicato del mese scorso, la deforestazione e la perdita di habitat sono tra i fattori più rilevanti nella nascita delle pandemie.
È quindi giunto il momento di sgombrare definitivamente il campo dalle fake news diffuse da chi vede i boschi solo con gli occhi del profitto economico, e porre fine allo sfruttamento intensivo (quella che viene chiamata
“manutenzione”) che vede i boschi italiani sempre più sotto pressione a beneficio della produzione di energia elettrica da biomasse forestali, mentre la produzione di mobili, invocata nel servizio, utilizza solo una piccola parte della produzione nazionale di legname. Se è vero che la mera superficie dei boschi italiani è in aumento, va ricordato che il punto di partenza da cui si calcola questo aumento è il minimo storico di superficie raggiunto nel secondo dopoguerra; che tutt’ora l’Italia si colloca al di sotto della media europea per percentuale di superficie boscata; che siamo sotto la media europea anche per quanto riguarda la percentuale di territorio protetto.
La “manutenzione” invocata dalle ditte che vendono legname è sovente una vera e propria devastazione che asporta il sottobosco e il legno morto – entrambi parte integrante dell’ecosistema foresta e indispensabili per la sopravvivenza di moltissime specie animali e vegetali – e taglia gli alberi più grandi, lasciando un terreno spoglio dove sparuti giovani alberi sono gli unici superstiti in una landa desolata. Per le statistiche nazionali sarà ancora una foresta, ma ridotta in quelle condizioni di fatto non lo è più. Un terreno così spogliato costituisce inoltre un grave rischio per la sicurezza idrogeologica.
Deve essere quindi chiaro all’opinione pubblica che la selvicoltura risponde a una necessità dell’uomo, come le automobili e l’estrazione di petrolio, ma NON è una necessità delle foreste; che nel prelevare il legname ci si deve porre al di sotto dei limiti di tolleranza (resilienza) della foresta stessa, dandole modo e tempo di rigenerarsi; che per la salute nostra e del pianeta è indispensabile che una parte rilevante del territorio sia protetta e lasciata alla sua evoluzione naturale, affinché la foresta possa fornire tutti quei benefici ecosistemici che non solo costituiscono un habitat per le altre specie, ma ci garantiscono aria e acqua pulite, prevengono il dissesto idrogeologico e ci aiutano a combattere il riscaldamento climatico, di cui una delle cause principali è proprio la deforestazione.
Le associazioni si augurano quindi che i media forniscano un’informazione corretta e supportata dalla scienza ai cittadini italiani e chiedono alla Rai di poter replicare al servizio andato in onda, mettendo a disposizione i loro scienziati per un’intervista.
Cordialmente,


le Associazioni
GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane; ISDE Italia – Medici per l’ambiente; Italia Nostra Abruzzo; Italia Nostra Friuli Venezia Giulia; Italia Nostra Lazio; Italia Nostra Marche; Italia Nostra Toscana; Italia Nostra Veneto; ALTURA – Associazione per la Tutela degli Uccelli Rapaci e dei loro Ambienti; Navdanya International; Amici del Cansiglio; ABC Associazione beni comuni La Rete; Acqua Bene Comune Pistoia; ADA ONLUS Associazione Donne Ambientaliste; Alleanza Beni Comuni Pistoia; AsOER – Associazione degli Ornitologi dell’Emilia-Romagna ODV; Associazione culturale AmbienteScienze; Associazione Culturale Blow-up; Associazione Mani Libere Civitanova Marche; Biodistretto Montalbano; Casacomune Scuola e Azioni; Centro Parchi Internazionale; CISDAM – Centro Italiano Studi e Documentazione sugli Abeti mediterranei; Co.n.al.pa. Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio Onlus; Comitato Intercomunale Silla2; Comitato per il Bene Comune Sovizzo; Diritto Diretto Onlus; Ecoistituto Abruzzo; Ecoistituto Cesena; Ecomuseo Montagna Fiorentina; European Consumers; Federazione Nazionale ProNatura; Forum Ambientalista; GPSO – Gruppo Piemontese Studi Ornitologici “F.A. Bonelli” Onlus; GriG – Gruppo d’intervento Giuridico; Gruppo dei Trenta; Gruppo Promotore Parco del Cadore; Insilva; Io non ho paura del lupo; Istituto Italiano di Permacultura; La Cabalesta – Associazione Terra Boschi Gente e Memorie; LAC (Lega per l’Abolizione della Caccia); Le Giardiniere; Liberi Pensatori a Difesa della Natura; LIPU Abruzzo; LIPU Firenze; LIPU Grosseto; LIPU Pistoia; Lupus In Fabula; Mamme No Inceneritore (Firenze); Mamme per la Salute e l’Ambiente Onlus; Marevivo Abruzzo; MEDIPERlab Permacultura Mediterranea; Mila Donnambiente; Mountain Wilderness International; Movimento Tutela Alberi Firenze; Pro-Rights; RAMI – Registro degli Alberi Monumentali Italiani; Salviamo L’Orso ONLUS; SIMEF – Società Italiana di Medicina Forestale; Smilax Nova; Società Italiana per la Storia della Fauna; STAI-Stop Taglio Alberi Italia; Stop 5G Castel di Lama; Stop 5G Civitanova Marche; Stop 5G Marche; Terra Nuova Edizioni; Unione Bolognese Naturalisti; UNI-VERSO Amiata; VAS – Vita Ambiente e Salute ONLUS (Firenze); WWF Toscana; WWF Emilia-Romagna
I dati sulla superficie forestale media dell’Unione Europea sono presi dal sito del Parlamento Europeo e sono consultabili a questo link: https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/105/l-unione-europea-e-le-foreste
A seguire, una trascrizione del servizio di Massimo Mignanelli, TG1 del 14 aprile 2020 andato in onda alle ore 20.00
Operatore capo squadra: “La manutenzione dei boschi è assolutamente indispensabile, non si può assolutamente fare a meno di coltivare il bosco come se fosse un campo ordinario, quindi le piante che sono mature devono essere tagliate ed allontanate per permettere la ricrescita naturale spontanea del bosco”.
Hanno ripreso gli attrezzi e sono tornati a lavorare i boscaioli della Val di Susa, come gli altri 10mila in tutta Italia.
Ripartono così le attività forestali per la prima lavorazione del legno sospese per l’emergenza corona virus.
Un terzo del territorio italiano è coperto da boschi, 11 milioni di ettari di verde sono stati senza manutenzione per oltre un mese.
Operatore della squadra: “Non potendo portare via tutte le piante, non potendo tagliare, non potendo fare nulla adesso si è accumulato tantissimo lavoro che sarà da effettuare nel periodo più caldo dell’anno e non sarà facile gestire tutta questa emergenza”.
La selvicoltura è importante soprattutto sotto l’aspetto ambientale ed economico [e conclude la frase con l’immagine del crollo per abbattimento di una betulla alta 25 metri posta al margine della faggeta].
Funzionario Coldiretti (Michele Mellano): “La filiera è molto importante perché si parte dal bosco ma poi si arriva ovviamente fino alle segherie, ai negozi che vendono mobili, quindi a tutti quelli che lavorano in questa filiera ed è importantissimo riuscire a farla ripartire”.
Gestire il bosco in modo sostenibile significa anche prevenire frane e alluvioni.
Carabiniere Forestale: “Con la ripresa delle attività selvicolturali i nostri controlli in bosco proseguiranno tenuto anche conto del fatto che in Regione Piemonte allo stato attuale c’è il Decreto di massima pericolosità per gli incendi boschivi”.







Fonte:
https://www.italianostra.org/40-associazioni-protestano-contro-il-tg1-sostenere-di-manutenere-un-bosco-e-un-assurdita/?fbclid=IwAR25RgPttaW0I3_5OmpFKedPobzPHA5PiVLhtk-sMs8SadTkrrQ0qzouAQA

20 aprile 2020

Appello-Lettera aperta: Enormi distese di pannelli solari a terra minacciano la Maremma laziale

17-04-2020

Enormi distese di pannelli solari a terra minacciano la Maremma laziale

DI: 


Nel Viterbese sono in via di realizzazione tre impianti fotovoltaici a terra: il primo a Tuscania, progetto già approvato dalla Regione Lazio, che prevede 250 Ha di pannelli per una superficie totale di circa 2 Km e mezzo per 1 Km; il secondo a Tarquinia con 600 Ha, pari ad un rettangolo di 3 Km per 1 Km; il terzo a Montalto per un rettangolo da 6 Km per 1 Km.
Veri e propri giganteschi specchi che si sovrappongono al paesaggio puro, solitario e intatto della Maremma, l’area agricola più affascinante d’Italia, tutt’uno con quella Toscana. La presenza sul territorio di un ventaglio di elettrodotti rende, infatti, vantaggioso per le società che lavorano nel settore delle Energie Rinnovabili impiantare campi fotovoltaici nell’area.
Sinora il Ministro Dario Franceschini (MiBACT) ha sostenuto il diniego della competente Soprintendenza a rilasciare le autorizzazioni ma adesso la decisione finale deve essere presa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Italia Nostra teme che da questa scelta possa derivare un significativo danno al Paesaggio, in spregio al dettato costituzionale dell’Art. 9.
Appellandosi alla crisi determinata dall’emergenza sanitaria, le società del settore hanno pubblicato sul Sole 24 Ore una lettera aperta indirizzata al Presidenza del Consiglio per tentare un colpo di mano e scavalcare il divieto del fotovoltaico a terra in aree agricole, previsto fin del 2012 dal Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF), Mario Catania.
Italia Nostra si riconosce e sostiene l’operato del Ministro Franceschini e della Soprintendenza che si sono finora battuti per la tutela del paesaggio viterbese e si appella affinché il Governo non deroghi e non consenta ad un’operazione che stravolgerebbe il territorio maremmano se si lasciasse mano libera ad uso speculativo e non oculato delle Energie Rinnovabili.
ITALIA NOSTRA

ecco in formato pdf, il testo della lettera inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giuseppe Conte:

12 aprile 2020

PETIZIONE - Taglialegna #stateacasa: l’assalto ai boschi italiani continua anche durante la quarantena



Taglialegna #stateacasa: l’assalto ai boschi italiani continua anche durante la quarantena





Le associazioni ISDE Italia – Medici per l’Ambiente, GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, Italia Nostra Toscana, Italia Nostra Marche, Italia Nostra Friuli Venezia Giulia, Italia Nostra Abruzzo, Italia Nostra Lazio, Associazione Altura, ABC-Alleanza Bene Comune, Ecoistituto Abruzzo, CISDAM - Centro Italiano di Studi e di Documentazione sugli Ambienti Mediterranei, Mila Donnambiente e Terra Nuova Edizioni chiedono alle istituzioni di non accogliere la richiesta avanzata da CONAIBO (Coordinamento nazionale delle imprese boschive), AIEL (Associazione italiana energie agroforestali), Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) e alcuni Comuni montani di riaprire le attività di taglio degli alberi in deroga alla quarantena e chiedono il sostegno dei cittadini che hanno a cuore l’ambiente e la salute pubblica.
Le attività forestali sono infatti ferme in quanto considerate non necessarie, e nel momento in cui l’Italia ripartirà sarà concesso solo, fino al prossimo inverno, il taglio dei boschi di conifere. Questo perché nei boschi di latifoglie (querce, faggi, carpini…) non è concessa l’attività di taglio durante il periodo vegetativo, cioè quando le piante hanno già messo le foglie. Tagliare le latifoglie in primavera, tramite la tecnica del ceduo che rimuove il tronco dell’albero lasciando solo un ceppo da cui nascono nuovi polloni, le danneggerebbe gravemente con evidenti ricadute sugli ecosistemi. Il taglio delle foreste di conifere (pini, abeti) è invece concesso tutto l’anno, perché nel loro caso la tecnica del ceduo non si può utilizzare e la riproduzione avviene unicamente tramite seme.
Le associazioni dei tagliatori non stanno quindi chiedendo solo di violare la quarantena a cui sono sottoposte tutte le altre aziende, ma anche di poter violare la legge che protegge i boschi di latifoglie, tagliando a primavera ormai giunta: quest’anno, infatti, la stagione risulta particolarmente anticipata, a seguito di quello che è stato l’inverno più caldo di sempre in Europa (3,4 gradi in più rispetto alla media del periodo).
Perché questo accanimento?
È importante ricordare che in Italia è in corso da anni un vero e proprio assalto alle foreste, viste non come bene prezioso per il pianeta, per la salute dei cittadini e come arma contro il riscaldamento globale, ma unicamente come fonte di energia. Il proliferare in Italia di centrali a biomassa, che bruciano legno per produrre energia elettrica, ha scatenato una vera e propria corsa al taglio. Le nostre foreste, che per mera superficie sono in aumento, vengono gravemente impoverite e compromesse da continui tagli che interessano gli alberi più grandi: un diradamento che, se lascia intatta la superficie della foresta, di fatto la spoglia quasi completamente riducendola a pochi alberi giovani e sottili, distanti tra loro. Una devastazione evidentissima anche a un occhio non esperto (nella foto in cima alla pagina è presentata una foresta governata a ceduo).
GUFI e ISDE ricordano che bruciare il legno provoca maggiori emissioni di CO2 e di polveri sottili persino rispetto all’utilizzo dei combustibili fossili, con ricadute drammatiche in termini di contrasto al cambiamento climatico e di impatto sulla salute. Le biomasse forestali non possono essere considerate una fonte rinnovabile di energia: anche piantando un albero in sostituzione di quello tagliato, questo impiegherà anche un secolo ad assorbire le emissioni di quello abbattuto, sempre ammesso che non venga tagliato prima – un lasso di tempo che non ci è concesso prenderci nella lotta al riscaldamento globale e per la conservazione della biodiversità. Non a caso, due anni fa ben 784 scienziati hanno scritto al Parlamento Europeo per segnalare che usare legna come combustibile accelererà il cambiamento climatico, mentre sempre più studi rivelano l’importanza delle foreste mature e intatte nella lotta al riscaldamento globale. Inoltre, come evidenziato da un comunicato stampa del WWF a marzo, esiste uno strettissimo legame tra pandemie e danni all’ecosistema.
La richiesta delle associazioni dei taglialegna di riprendere le attività in violazione della quarantena e addirittura di prolungare il taglio delle latifoglie anche durante il periodo primaverile è causato dal desiderio di placare la fame insaziabile delle centrali a biomassa, per le quali il solo legno di conifera tagliato al termine della quarantena parrebbe non sufficiente. Eppure, come fatto notare dagli stessi promotori della richiesta di deroga alla quarantena, rimangono a terra milioni di tronchi schiantati dalla tempesta Vaia, che stanno venendo acquistati da imprese austriache proprio per produrre legna da ardere. Il recupero del legno schiantato dalla tempesta (che giace lì da moltissimi mesi, quindi non si comprende l’urgenza) può essere autorizzato con un provvedimento ad hoc, senza riprendere i tagli su tutto il territorio nazionale. Trattandosi di conifere, inoltre, il prelievo di questi alberi potrà riprendere immediatamente dopo la fine della quarantena, anche se andrà fatto con oculatezza per evitare l’erosione del terreno e il conseguente rischio idrogeologico.
Non vi è inoltre alcun rischio di esaurimento a breve termine delle scorte di legno, dato che quelle per il prossimo inverno sono già state approntate e non sarà eventuale legna raccolta ora, ancora verde, ad aumentarle. Inoltre in questo momento sono chiusi alberghi di montagna, ristoranti, rifugi, pizzerie ed altri esercizi che fanno grande consumo di legna da ardere: il fabbisogno di legna nell’ultimo mese è crollato.
Le imprese e le loro associazioni lamentano inoltre la necessità di produrre imballaggi di legno (pallets) per i settori fondamentali. I pallets però vengono prodotti perlopiù con il legno delle conifere: non c’è quindi ragione di tagliare le latifoglie in deroga alle norme ambientali. Inoltre i pallet sono riutilizzabili. Il settore agroalimentare non utilizza pallets ma contenitori di plastica, e lo stesso vale per i prodotti farmaceutici. Non ci sono quindi attività essenziali che abbiano bisogno di un’immediata produzione di pallets.
Inoltre è legittimo chiedersi in quali condizioni sanitarie le aziende di taglio vorrebbero far operare i loro lavoratori durante la pandemia: sono tristemente note le continue violazioni delle norme basilari di tutela dei lavoratori nel settore dei tagli boschivi, dove è inoltre ampiamente diffuso il lavoro nero.
In conclusione, GUFI e ISDE ritengono che non vi sia alcuna ragione per ritenere il taglio di alberi come attività necessaria che meriti una deroga durante la quarantena; che eventuali (e da dimostrare) necessità di legname possano essere soddisfatte utilizzando il legno schiantato dalla tempesta Vaia tramite un provvedimento ad hoc, che non includa le altre foreste sul territorio italiano; e che la richiesta di riaprire il taglio nei boschi di latifoglie in deroga alle leggi a protezione dell’ambiente sia irricevibile.
GUFI e ISDE invitano tutti i cittadini che hanno a cuore l’ambiente a firmare questa petizione per il bene delle nostre foreste, che è il bene di tutti noi.


FIRMA QUESTA PETIZIONE:
https://www.change.org/p/giuseppe-conte-taglialegna-stateacasa-l-assalto-ai-boschi-italiani-continua-anche-durante-la-quarantena?recruiter=199565701&recruited_by_id=a523b090-8823-11e4-ab5a-ebb5099851f6&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink&utm_campaign=petition_dashboard

09 aprile 2020

Lettera aperta - Italia Nostra al Presidente Conte e al Ministro Franceschini: per un neorinascimento

08-04-2020

Italia Nostra al Presidente Conte e al Ministro Franceschini: per un neorinascimento

DI:  · TAG: 

   Roma, 8 aprile 2020

Lettera aperta di Italia Nostra al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
e al Ministro Dario Franceschini
In questi giorni di forzato “lock down” il Paese ha potuto sperimentare un dramma collettivo. I dati dei decessi e dei nuovi contagiati hanno segnato le giornate di molti cittadini chiusi in casa in ottemperanza a quanto stabilito dai decreti sul contrasto al coronavirus. Eppure, a far da contraltare a questa situazione e a questa “agenda” triste e preoccupante, sono giunti documentari sulle bellezze del Paese, sulle opere d’arte, sulla natura che pian piano riconquistava la sua vitalità anche all’interno dei centri urbani. E la nostra Italia si e’ sentita più bella che mai!
Questo spirito ha contagiato tutti, giovani, adulti, anziani e anche i più piccoli senza differenze legate alla condizione economica personale o all’area geografica di residenza. Tutto ciò ha inorgoglito quelli che per anni hanno difeso questo patrimonio immenso, in grado di rappresentare la vera “ossatura” del Paese, soprattutto nei momenti di crisi e di emergenza.
Noi di Italia Nostra, che da 65 anni ci battiamo per la conservazione di questo meraviglioso scrigno di ricchezze, siamo pieni di orgoglio per avere reso un servizio al Paese. E proprio per questo motivo chiediamo alle SS.VV. di fornire maggiori tutele a questo nostro enorme tesoro.
Abbiamo in programma di lanciare le nostre campagne per la difesa dei beni in pericolo e per i piccoli centri. Vi chiediamo allora di sostenerci con le azioni più vigorose nell’ambito della tutela. Siamo da sempre a fianco del Paese e, mai come in questa occasione, ci sentiamo fieri di aver contribuito a sostenerne la sua intima natura di approccio alla bellezza. Difendiamo questa bellezza ancora e una volta per tutte, tutti insieme!
Ebe Giacometti
Presidente di Italia Nostra
 

Fonte: 

08 aprile 2020

APPELLO - Italia Nostra e le associazioni ambientaliste: al primo posto la salute umana, l’ambiente e gli animali


07-04-2020

Italia nostra e le associazioni ambientaliste: al primo posto la salute umana, l’ambiente e gli animali

Appello ai Presidenti delle Commissioni permanenti della Camera dei Deputati e del Senato
della Repubblica.
L’esperienza del Coronavirus impone di ripartire mettendo al primo posto la salute
ambientale, umana e degli animali.
Marevivo, Accademia Kronos, CETRI-TIRES, CoMISMA, Fise Unicircular , Fondazione Symbola,
Fondazione Univerde, Greenpeace, Italia Nostra, Kyoto Club, LAV, Legambiente, Lipu-Birdlife
Italia, Stazione Zoologica Anton Dohrn Napoli, Università UniCamillus, WWF Italia, chiedono che
le Commissioni riprendano il loro lavoro con la massima urgenza.

Chiediamo che le Commissioni parlamentari riprendano i lavori, anche ricorrendo ad attività in remoto, come stanno facendo tante aziende e istituzioni del Paese, incluse quelle dell’Istruzione e dell’Università, che in questo modo permettono a tutti noi di avere beni e servizi di prima necessità. Il Paese deve ripartire nel modo giusto, realizzando la sostenibilità enunciata nei programmi dei Governi nazionale ed Europeo (il Green Deal) per la prosperità delle aziende e del Paese, mettendo al primo posto la salute ambientale e umana, come prerequisito per un sano sviluppo economico. Il sistema delle aziende “green” italiane, leader a livello europeo è pronto a dare il proprio contributo a queste auspicabili scelte politiche. Questo è il momento di innescare un nuovo inizio rispettoso della salute dell’ambiente, umana e degli animali. “Ci siamo illusi di poter essere sani in un mondo malato” queste le parole di un grande uomo del nostro tempo, Papa Francesco. Occorre ripensare le priorità a cui far fronte e ridisegnare, con opportune leggi e scelte politiche, un sistema di produzione e consumo più sano e sostenibile. I paradigmi del passato hanno fallito, occorre disegnarne altri. Con le dovute precauzioni per la salute dei Parlamentari e di chi lavora con loro, chiediamo che le Commissioni continuino il loro corso: è indispensabile che il cuore pulsante della democrazia nel nostro Paese non si fermi! La pandemia miete un numero di vittime enorme nelle aree sovrappopolate ed inquinate, come le Regioni del Nord Italia produttivo, la Cina, l’India e ora New York, tutte caratterizzate da alti tassi di inquinamento. E’provato che l’inquinamento atmosferico è un fattore di rischio nelle malattie respiratorie ed è difficile pensare che sia solo un caso quando il maggior numero di morti di questa pandemia è in zone dove anche in periodi ordinari tutto si deve fermare, periodicamente, per l’inquinamento atmosferico. L’emergenza sanitaria ci deve far riflettere su quanto l’alterazione degli ecosistemi e la sottrazione di habitat naturali alle specie selvatiche può favorire il diffondersi di patogeni prima sconosciuti. Per il bene e la salute di tutta l’umanità bisogna, quindi, riprendere con la massima urgenza le leggi che possono far fronte all’emergenza ambientale, oramai planetaria e non più trascurabile.
Occorre che siano approvate leggi sui Cambiamenti Climatici, l’Economia circolare e la difesa della biodiversità negli habitat terrestri e marini temi posti all’attenzione dei Parlamentari e che aspettano un’urgentissima risposta.


Fonte: 

COMUNICATO-LETTERA APERTA: Per un rilancio dell’Italia dopo l’emergenza


01-04-2020

Per un rilancio dell’Italia dopo l’emergenza

DI: 


LETTERA APERTA

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
presidente@pec. governo.it
Ai Ministri, Deputati, Senatori
Alle Commissioni  Camerali
Agli Organi di Stampa
L’emergenza sanitaria mette a dura prova il sistema Italia, peraltro combattivo e capace di determinazione e coerenza, dimostrati meglio che di altri Stati nazionali e potenze mondiali;  richiamando alle responsabilità politiche e individuali.  Si condivide la tensione verso possibili condizioni di politiche alternative a livello europeo, dall’armonizzazione fiscale a nuovi piani d’investimento pubblico. Si considera la salubrità ambientale come parametro non derogabile.
Affrontare l’oggi mettendo in sicurezza la coesione del tessuto sociale ci proietta verso un domani che va fortificato e  riprogettato sulla base degli inalienabili principi democratici – in un probabile scenario di sempre maggiori povertà – facendo tesoro delle peculiarità del nostro territorio;  ma  anche degli errori commessi. Non solo relativamente  al sostenere situazioni di emergenza, quanto al pianificare e gestire le risorse al fine del bene comune. E se, con sguardo attento alla green economy, non possiamo che manifestare il nostro plauso ad una riconversione consapevole dell’accesso alle fonti energetiche nella logica prioritaria di riduzione degli sprechi, altresì manifestiamo le nostre preoccupazioni quando si intenda intervenire con impianti produttivi – se pur da fonti  rinnovabili – in paesaggi preziosi e fragili o nel nostro mare chiuso. Beni questi non rinnovabili! E ne è testimonianza la Grecia con le sue isole manomesse di cui ne è stato fatto scempio nel dover corrispondere agli esattori di un pesantissimo debito pubblico.
Si conviene con il Capo del Governo che, indicando le sfide del futuro, ha detto i prossimi provvedimenti dovranno semplificare il sistema, la PA, la burocrazia, per dare impulso a investimenti pubblici e privati. Ma altresì siamo  preoccupati sul come e con quali garanzie di certezza del diritto superare le rigidità strutturali che hanno impedito di dispiegare tutto il potenziale del Paese, ad esempio nel settore dell’edilizia e delle opere pubbliche.
La logica  del bypassare regole per favorire l’impresa  ha già avuto riscontri pesanti, in conflitto con i principi di tutela, di qualità dell’abitare e di sicurezza dell’ambiente. E anche l’impulso post bellico, che ha portato ad un iniziale boom economico, declinato nel tempo ha comportato   cementificazione, sprawl urbano, non luoghi, abbandoni del costruito storico per periferie alienanti, deficit dei servizi, carenza di manutenzione delle infrastrutture, rendita urbana  in mano ai privati, impoverimento.
Gli elementi distorsivi che hanno connotato le nostre città e il nostro vivere civile possono essere stigmatizzati in:  una crescita incontrollata, la carenza di pianificazione, la perdita di paesaggio e di risorse, l’invasività delle urbanizzazioni e territori agricoli infiltrati con modelli edilizi impropri, le villettopoli e l’isolamento sociale, le teorie di capannoni vuoti; il business dei fondi comunitari non gestiti, il degrado della città storica, decontestualizzata, sfregiata da interventi impropri,la perdita del patrimonio di cultura e storia, privatizzazione, alienazione, alterazione del patrimonio storico, la perdita dell’archeologia industriale come sottrazione di identità, il riempimento dei vuoti urbani in carenza di un progetto complessivo, la delocalizzazione delle attività produttive per la più redditizia riconversione edilizia, ed ora gli alloggi vuoti e la carenza di edilizia pubblica, nuove  periferie anonime, mal costruite  e senza servizi, vecchie periferie con perdita di identità e di poli di socializzazione, il sacrificio del verde con l’impermeabilizzazione del territorio e i conseguenti  dissesti, mobilità pubblica carente e congestione da traffico, inquinamento atmosferico, rendita speculativa come matrice della città, servizi ritagliati negli spazi di risulta, marginalizzazione delle persone e dei luoghi, riciclaggio del denaro sporco e imprenditorialità di mafia in ambito edilizio, la debolezza delle Amministrazioni, tra debito pubblico, collusioni, carenza di strumenti e conoscenza, la deregolazione: piani casa, condoni, assenza di controllo, gli inquinamenti  e le mancate bonifiche, i grandi centri di vendita e la morte del piccolo commercio, i costi sociali del nuovo urbanizzato a carico della collettività  e …altro ancora.
Mettiamocelo alle spalle. Chiediamo oggi per domani l’impegno per una strategia in mano pubblica con apporto dei privati volta a coniugare economia e tutela ambientale. Bisogna risanare la “cosa pubblica”, appoggiando le azioni dei magistrati che cercano di interrompere le reti collusive e mafiose. Occorre formare competenze e implementare il ruolo delle Soprintendenze. Occorre partecipare e allargare la cultura del bene comune. Occorre investire sull’ambiente urbano, sia nella componente fisica che in quella  sociale, peraltro fortemente interrelate; investire sul recupero, sul riuso con attenzione ai valori identitari della città, sulla riconversione delle aree dismesse  per saturare la domanda pregressa di servizi, senza consumare  le ultime risorse di territori ancora disponibili . Disegnare la linea rossa per il non più costruibile.
C’è tanto da fare, tante opportunità di lavoro qualificato, tanto bisogno di competenze amministrative non delegate, ma esercitate, tanto bisogno di trasparenza e di certezza del diritto. 
In qualità di Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione – posta la priorità di arrestare il consumo di suolo[i] e di rilanciare l’economia – chiediamo quindi un progetto lungimirante di:
– tutela delle identità storiche dei nostri territori attivando e formando adeguate professionalità;
– pianificazione di recupero dei centri storici e dei borghi in abbandono, favorendo iniziative locali e artigianato;
– supporto e adeguamento delle Soprintendenze a garanzia di apporti adeguati e controlli;
– incentivi per nuove tecnologie volte al recupero, riuso e adeguamento dell’esistente per edilizia sociale, attività produttive e di commercio;
– messa in sicurezza del territorio con tecniche di ingegneria naturalistica;
– valorizzazione dei paesaggi nel rispetto delle diversità fisiche e culturali, in osservanza ai piani paesaggistici;
– salvaguardia dei terreni liberi a favore del comparto agricolo: agricoltura biologica e tutela delle biodiversità;
– incentivi al contrasto dell’abbandono dei territori montani come alternativa alla disoccupazione giovanile  e come presidi del territorio;
– controllo pubblico delle amministrazioni e della comunità nella pianificazione degli interventi di rigenerazione urbana;
– alternative di sburocratizzazione: controllo della “comunità” e quindi trasparenza dei processi ante, in itinere e post, nel corretto rapporto pubblico/privato.

Questa per noi è la new economy  che può garantire l’indicatore  BES- Benessere equo e sostenibile e favorire il PIL, che può garantire il futuro delle nuove generazioni.
Tutto ciò nella consapevolezza dell’unicità del nostro patrimonio storico, ambientale, monumentale, vero tesoro di identità e ricchezza della nostra Nazione.
ITALIA NOSTRA