CONFERENZA STAMPA DEL 5/6/2019
Dopo anni di abbandono un'occasione per il rilancio del territorio di Viterbo.
Fondate minacce o concrete opportunità dalla recente dichiarazione di notevole interesse avanzata dalla Soprintendenza?
Dopo anni di abbandono un'occasione per il rilancio del territorio di Viterbo.
Fondate minacce o concrete opportunità dalla recente dichiarazione di notevole interesse avanzata dalla Soprintendenza?
Leggiamo dal Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Viterbo del 2008:
" Un parco archeologico termale che includa tutte le sorgenti ed una notevole quantità di resti archeologici dovrebbe espandersi su circa 4000 ha".
" ...un continuum che incuneandosi nella città attraverso la valle di Faul e porta Faul si proietta all’esterno fino alla Necropoli di Norchia"
" Gli obiettivi del Parco Archeologico Termale prevedono:
- il riequilibrio territoriale
- l'arresto dei fattori degradanti
- il restauro ambientale
- lo sviluppo della attività socio-economiche
- la fruizione del tempo libero
- la tutela del paesaggio e delle risorse.
Questa proposta è stata integrata con il Piano di sviluppo agricolo-termale del Comune di Viterbo, con analoghi obiettivi..."
Il vincolo della Soprintendenza di ampliamento del vincolo località Valle dell' Urcionio (D.M. 22/05/1985) interviene dunque non calato dall'alto, ma va a riempire un vuoto clamorosamente lasciato aperto dagli Enti locali.
Peraltro parzialmente e su soli 1600 ha.
Ogni città deve dotarsi di strumenti urbanistici che la dotino di un verde a livello territoriale più o meno fruibile.
Massimamente devono farlo città che non essendo votate all’industria hanno necessità valorizzare le proprie risorse turistiche.
Qui a Viterbo, dopo uno sviluppo urbanistico caotico di decenni, non solo non si sono potuti osservare atti per il riequilibrio urbanistico, ma addirittura si assiste ad una crociata contro la tutela di beni archeologici e paesistici "irrinunciabili" e irriproducibili.
Ogni città deve dotarsi di strumenti urbanistici che la dotino di un verde a livello territoriale più o meno fruibile.
Massimamente devono farlo città che non essendo votate all’industria hanno necessità valorizzare le proprie risorse turistiche.
Qui a Viterbo, dopo uno sviluppo urbanistico caotico di decenni, non solo non si sono potuti osservare atti per il riequilibrio urbanistico, ma addirittura si assiste ad una crociata contro la tutela di beni archeologici e paesistici "irrinunciabili" e irriproducibili.
Colpisce in particolare la ricorrente affermazione che il vincolo paralizzerà ogni attività di sviluppo.
Una menzogna palese che siamo qui per smentire una volta per tutte.
Come in tante altre aree limitrofe quali San Martino al Cimino, Viale Trieste e La Quercia (D.M. 16/11/1973), la Valle dell’Arcionello e nella stessa Valle dell’Urcionio (D.M. 22/05/1985), analogo vincolo non ha impedito, ma ha reso armoniche le attività con i valori storico paesistici. Ma mai si può dire che abbiano bloccato il loro sano sviluppo.
All’interno del presente vincolo esistono due aree a destinazione non agricola e non ancora urbanizzate nelle quali si possono osservare effetti sulle preesistenti aspettative, la zona F1 con destinazione a servizi pubblici a livello territoriale sulla collina Riello e la Zona F4 con destinazione a sviluppo Termale in località Paliano.
Orbene la concentrazione di beni storici ed archeologici sulla collina del Riello è assolutamente un caso raro e stupefacente. Il diritto della Soprintendenza a mettere in discussione una zona di espansione del tessuto urbano è un atto dovuto e costituzionalmente previsto (art. 9 Costituzione italiana).
Allo stesso tempo non può al Comune di Viterbo sfuggire la particolarità del caso sotto il profilo urbanistico.
Essa si innalza immediatamente a destra della uscita da Porta Faul.
Se si riflette sul fatto che oggi Porta Faul si pone rispetto al territorio della Cassia antica, delle Terme e della Francigena allo stesso modo in cui Porta S. Sebastiano si pone rispetto all’Appia Antica, non si può che profittare per esaltare questa analogia. E fare di questo brano cittadino una eccellenza, salvando questa quinta collinare, capace di connotare il vertice del cuneo verde e storico archeologico di valori capaci di superare qui, in alcuni punti, in bellezza, lo stesso Parco dell'Appia.
Quanto alla area termale di Paliano appare palese che in tempi di consumo di suolo zero, con ripetute proposte di legge in tal senso al Parlamento italiano ed europeo, una previsione di 80.000 metri cubi, in piena campagna ad otto chilometri di distanza da Viterbo non può non essere rivista.
Senza considerare che l’insediamento immaginato dal PRG di Viterbo si trova a ridosso della Cassia antica romana e dei resti cospicui di antiche terme romane.
Senza considerare che l’insediamento immaginato dal PRG di Viterbo si trova a ridosso della Cassia antica romana e dei resti cospicui di antiche terme romane.
Intendiamoci, le attività termali sono una ricchezza ed un legittimo investimento sia pubblico che privato.
Ma est modus in rebus.
Quelle previsioni sono frutto di paleourbanistica. E del tutto sproporzionate alla realtà.
Se le terme dei Papi con 50 litri di acqua termale al secondo non raggiungono, albergo compreso, i 10.000 mc, come può persistere una previsione di 80.000 mc con una disponibilità di 15 litri al secondo?
Il Comune, prima della stessa Soprintendenza, crediamo abbia il dovere di riequilibrare il tutto entro quegli obiettivi che sono già recitati, ma solo recitati, nel piano Provinciale e nel Piano comunale.
Ma est modus in rebus.
Quelle previsioni sono frutto di paleourbanistica. E del tutto sproporzionate alla realtà.
Se le terme dei Papi con 50 litri di acqua termale al secondo non raggiungono, albergo compreso, i 10.000 mc, come può persistere una previsione di 80.000 mc con una disponibilità di 15 litri al secondo?
Il Comune, prima della stessa Soprintendenza, crediamo abbia il dovere di riequilibrare il tutto entro quegli obiettivi che sono già recitati, ma solo recitati, nel piano Provinciale e nel Piano comunale.
Ancora, come può il Comune non intervenire grazie ai suoi poteri nel trovare un punto di equilibrio tra i legittimi interessi in campo nel caso delle Masse di San Sisto ad uso eminentemente pubblico e della soc. Free Time, di natura ed uso privatistico.
Dove peraltro quelli legati ad un uso termale libero e pubblico, con soli 5 litri di acqua al secondo, alle Masse di S. Sisto dovrebbero essere in cima alle preoccupazioni di un Ente locale che è per natura il più vicino ai cittadini e più doverosamente investito da ogni istanza democratica.
A tal proposito, si tenga presente la recente evoluzione della Corte Costituzionale, soprattutto negli ultimi due anni, in materia di usi civici e di tutela del patrimonio paesaggistico e culturale, che ribadisce la competenza statuale degli indirizzi e tutela. E’ altresì necessario ricordare che il patrimonio termale pubblico riveste, come riconosciuto negli statuti viterbesi già dal 1400, una grande valenza sanitaria e a sostegno della salute dei cittadini, senza aggravio di costi per la sanità pubblica. Altro valore eminente tutelato dall’art. 32 della Costituzione. Analoghe considerazioni si possono fare per il diritto al diporto come diritto inalienabile e da tutelare nella sua gratuità.
Questa conferenza stampa avvia una richiesta di ampia riflessione e discussione sul futuro economico e sociale di Viterbo.
Un richiamo ai suoi eccezionali valori storici, al suo posizionamento nel mercato delle città di arte internazionale, ed un pronto adeguamento culturale.
Ma oggi è anzitutto una richiesta di non contrastare, bensì di coopianificare il futuro del parco della Cassia Antica e della Francigena con il MIBAC.
Ed al contempo una assunzione di responsabilità per salvare uno dei centri termali di uso pubblico più apprezzati d Italia come le Messe di S. Sisto.